Rete dei beni Comuni: “L’ospedale di Paola non deve essere utilizzato per campagna elettorale”
Il gruppo consiliare avverte sulle strumentalizzazioni politiche dell’Ospedale cittadino
PAOLA – La ormai famosa, se non famigerata vicenda legata alla terapia intensiva di Paola, tanto sbandierata come pronta dal mese di marzo ha fatto ricredere i molti che gridavano esultanti ad una conquista straordinaria, mentre da più parti, e noi per primi, mettevamo in luce le criticità che avrebbero, come sta succedendo, ostacolato l’apertura di questo reparto. Oggi come d’incanto chi esultava e gioiva per l’imbiancatura di un reparto rimasto vuoto, si ricrede e grida allo scandalo senza però pensare che il problema non è solo legato ai letti e macchinari mancanti, ma anche e soprattutto alla carenza di personale che tra l’altro è difficile da reperire (anestesisti e rianimatori). Sulla vicenda legata all’ospedale e sugli ultimi accadimenti mediatici è intervenuta Rete dei Beni Comuni che vanta in consiglio comunale la presenza di un consigliere, nella persona di Giuliana Cassano. RBC ha diffuso una nota che riproponiamo integralmente.
NOTA STAMPA RBC
“Sbaglia Di Natale ad impostare la sua ennesima campagna elettorale sfruttando l’Ospedale di Paola e le paure della gente legate alla diffusione del Coronavirus. Lui e il suocero non sono esenti da responsabilità. Stando alle sue ultime dichiarazioni il reparto di terapia intensiva dell’Ospedale San Francesco sarebbe dovuto essere già pronto a marzo. Oggi, a distanza di mesi, scopriamo che mancano gli arredi. In realtà la situazione è ben più seria. Non mancano solo gli arredi come vorrebbe farci credere Di Natale, manca personale qualificato, medici, infermieri e operatori, con sufficiente esperienza nella gestione delle criticità e, in piena pandemia, nelle infezioni ad alto tasso di contagio. Il rischio, altrimenti, è di far diventare il nostro Ospedale focolaio di diffusione del virus. Sarebbe più utile al momento chiedere investimenti in grado di risolvere in toto le criticità di una struttura il cui nucleo originario risale agli anni ’50. Con oltre un miliardo e mezzo che il governo ha stanziato per la sanità calabrese, la città di Paola potrebbe chiedere 100 milioni per la costruzione di una struttura nuova, all’avanguardia, in grado di attrarre le migliori menti e mettere a disposizione dei pazienti macchinari e terapie innovative. La struttura ospedaliera per come è ora non è più espandibile e la zona circostante è oramai satura di costruzioni. La politica in tutto questo ha pesanti responsabilità. Da sempre utilizzato come bacino per racimolare voti, l’ospedale negli anni ha subito i saccheggi di una politica autoreferenziale, ignorando le esigenze di un’intera popolazione nel ricevere le cure più adeguate. L’ospedale San Francesco, infatti, non serve solo i cittadini di Paola o i suoi dipendenti, il bacino è ben più ampio. Insieme al Iannelli di Cetraro, il San Francesco dovrebbe servire l’intero del tirreno cosentino.
Ne consegue che il tutto non può ridursi a un gioco a due, Di Natale e Perrotta, con il primo nuovamente aspirante consigliere regionale e l’altro in veste di sindaco che in passato ha firmato per retrocedere l’Ospedale San Francesco a Casa della salute (per poi ravvedersi a cose fatte). È questa politica che ha fatto naufragare la sanità in Calabria e a Paola in particolare. Se si vuole cambiare registro, occorre mettere da parte politici come Di Natale e Perrotta e relegarli definitivamente in panchina. Occorre ripensare le nostre strutture ospedaliere scevre da ogni condizionamento politico. Occorre coinvolgere, senza campanilismi, i sindaci dei comuni limitrofi e insieme chiedere una sanità rinnovata e ospedali moderni. Luoghi in cui efficienza, sostenibilità e pieno rispetto del paziente possano coesistere. Partendo dall’analisi della situazione attuale occorre elaborare nuove linee guida e principi in grado di risollevare le sorti del sistema sanitario e ospedaliero calabrese. In questo contesto è importante rilanciare un nuovo umanesimo, mettendo la persona e le sue esigenze al centro di ogni azione e iniziativa pubblica. Il rapporto con l’uomo e l’innovazione tecnologica dovranno avere un ruolo di primo piano in questo processo di cambiamento. L’innovazione tecnologica, in particolare, permette di velocizzare i processi e la precisione della diagnosi e utilizzare nuove modalità di cura.
A ciò si affianca la crescente necessità di far sentire i pazienti protetti, assistiti e ascoltati, creando delle strutture dall’atmosfera più domestica che ospedaliera, che favoriscano il comfort psico-fisico e i rapporti tra degenti e staff. Ciò significa rendere gli ospedali luoghi più caldi e intimi, introdurre la vegetazione e la luce come strumenti terapeutici e di sensibilizzazione ambientale, ma anche creare degli involucri (temperatura, umidità, luminosità) che siano adattabili ai bisogni specifici dell’utente.
Lo ripetiamo per l’ennesima volta: fuori la politica dalla sanità. Le persone non sono voti e sfruttare paure e bisogni per racimolare consenso è immorale e vergognoso”.