Il Covid non può trasformarsi in una caccia all’untore
In una situazione delicata siamo pronti a esprimere pubblicamente la nostra solidarietà per poi assumere atteggiamenti diversi nelle chat private
PAOLA – Ma davvero possiamo considerarci una società civile e matura, ma soprattutto solidale? Sempre pronti ad esternare la nostra solidarietà sui social per poi cambiare registro e trasformarci in inquisitori su chat private. Quello che sta accadendo in città, forse complici anche le notizie troppo allarmistiche diffuse, sta scatenando un tam tam di chiamate per sapere chi è positivo al covid e chi non lo è. Una attività questa, più che legata alla paura, svolta per il semplice gusto di conoscere il nome di chi sfortunatamente ha contratto il virus e sparlare in chat private. È uno “sport” davvero disgustoso. Siamo prontissimi a fare la parte dei buonisti e a commentare sotto i post Facebook affermando di “affidarci alle autorità competenti” ed allora o ci si affida alle autorità competenti e ci si fida di loro o andiamo all’impazzata alla ricerca spasmodica del positivo o ancor peggio di chi ha avuto contatti con loro.
Sarebbe opportuno rispettare chi oggi vive in famiglia casi di positività al Covid-19 (a cui va la nostra vicinanza sincera e l’augurio di risolvere tutto al più presto nel migliore dei modi). Ma volendo credere alla buona fede (si comprende la paura, ci mancherebbe altro) occorre anche sapere, come alcuni medici di base di buon senso si stanno affannano a sottolineare, per la verità pochissimi (a questi va il nostro plauso), che essere positivo non significa essere malato perché ci sono gli asintomatici che grazie a Dio sono la stragrande maggioranza.
Qualcuno afferma anche che vi siano delle fughe di notizie dagli organi preposti. A questo non vogliamo credere nel modo più assoluto. Se fosse vero sarebbe di una gravità assoluta. Sarebbe gravissimo che qualcuno diverso dal medico di famiglia, dal sindaco (che ricordiamolo è la massima autorità sanitaria sul territorio) e dal diretto interessato venisse a sapere: chi, come e quando un soggetto è risultato positivo al Covid-19.
Se il periodo è davvero difficile come ci stanno dicendo (ognuno su questo ha la propria testa per giudicare da solo) sarebbe giusto non rendere le cose ancor più difficili e evitare di considerare i positivi al Coronavirus, i loro familiari o addirittura chi nei giorni precedenti alla scoperta di una positività ha semplicemente scambiato qualche parola con queste persone, come degli appestati. Da parte nostra sarebbe corretto mostrare sensibilità ed educazione civica, sapendo che difronte a una situazione del genere le autorità competenti oggi avrebbero a disposizione strumenti di controlli discreti e preventivi che magari eviterebbero ad esempio: a) di far chiudere le scuole (di cui si condivide la decisione di chiusura preventiva e temporanea) per lungo tempo; b) di evitare o accorciare di molto una quarantena inutile a centinaia di persone che spesso come è emerso avviene nel disagio completo per la mancanza di acqua. A Paola ad oggi ci sono 11 positivi
ma ci sono anche molte persone in quarantena e che di queste però la stragrande maggioranza NON sono in quarantena OBBLIGATORIA ma FIDUCIARIA quindi persone che non solo non sono state dichiarate positive, ma che forse non faranno mai il tampone perché non ce n’è la necessità. Ecco a queste cose dovremmo pensare tutti indistintamente e forse potremmo vivere senza terrore, sicuramente con attenzione e nel rispetto delle regole ma di certo con maggiore serenità.