Lockdown Calabria – Ciò che occorre sapere e che il governo centrale non ci ha detto
Parametri, formule matematiche sconosciute o create ad arte non possono nascondere quelli che sono i dati reali della nostra regione
CATANZARO – La Calabria “zona rossa” ma perché? È l’interrogativo che tutti, cittadini, grandi e piccoli imprenditori, artigiani si stanno ponendo in queste ore. La domanda è lecita e ha suscitato diverse risposte che, a secondo della convenienza, scarica la responsabilità sulla attuale giunta regionale e sul governo nazionale, soggetto attuatore del piano emergenza Covid.
Ma quando si danno delle risposte non bisogna parlare per sentito dire, per slogan, che è vero che sono comodi e populistici, ma possono essere molto deleteri in quanto non consentono di affrontare le problematiche partendo dai dati concreti che vanno analizzati e semmai, solo successivamente, criticati o condivisi.
Ed allora andiamoli a vedere questi dati.
Partiamo da quella che è stata la formula utilizzata dal governo nazionale per decidere se una regione dovesse essere catalogata come gialla, arancione o rossa. Si parla di 21 parametri che per lo più rimangono misteriosi, ma quelli di cui siamo a conoscenza ci dicono che ad incidere nella scelta del governo di attuare il lockdown in Calabria dipenda dalla incapacità del sistema Ospedaliero di reggere all’avanzata dei contagi.
Prima di addentrarci nell’analisi di questi parametri, e su altri aspetti, ripubblichiamo la tabella che indicano la reale situazione in Calabria, legata alla pandemia da Covid, che fotografa la situazione al 3 novembre 2020.
Il governo centrale ha reso noti i gradi di criticità che hanno determinato la scelta di catalogare le regioni in fasce diverse di criticità.
Il grado di criticità per le terapie intensive
Il governo ha stabilito il limite oltre il quale non si può andare. Sforare questo parametro attribuirebbe un segno meno alle regioni che dovessero sforarlo.
Questo limite è del 30%. Ossia si considerano critiche, e quindi indicatore di criticità elevato, quelle regioni che si avvicinano o sfiorano il limite di saturazione del 30% del totale delle terapie intensive a disposizione. Ebbene dal report già da oggi in possesso dal Istituto Superiore di Sanità la Calabria ha una saturazione che sia aggira intorno al 5-6%.
È facile da desumere come la Calabria sia abbondantemente sotto questo livello di criticità.
Il grado di criticità per i reparti di Malattie infettive
Anche questo è uno dei parametri presi in considerazione dal governo nazionale supportato dal comitato tecnico scientifico che indica come limite invalicabile la soglia del 40%
Ebbene anche qua, sembra strano a dirlo, soprattutto ascoltando e leggendo le speculazioni di queste ore, il livello di saturazione dei reparti di Malattie infettive in Calabria è del 16%
Anche qua siamo abbondantemente sotto la soglia di criticità.
Il numero di contagi giornalieri
Anche questo è un parametro preso in considerazione dal governo nazionale. In questo caso sappiamo che la Calabria è la regione che sta meglio dal punto di vista del contagio con una medi di 230 contagi al giorno (la più bassa d’Europa in rapporto contagi/popolazione residente) a fronte delle migliaia registrate in regioni oggi in fascia gialla.
Capitolo fondi non spesi per la sanità
Anche qua occorre essere cauti e non ragionare per slogan. Si parla di 86 milioni di euro inviati dal governo alla regione per potenziare la rete ospedaliera. Innanzitutto la somma stanziata (che è diversa da quella erogata effettivamente) non è di 86 milioni ma è di 99 milioni di euro. Ma quanti effettivamente ne sono arrivati in Calabria.
Secondo i dati diffusi dalla giunta regionale, in Calabria ne sono arrivati solo 45 milioni che, dati alla mano, sono stati immediatamente trasferiti ai Commissari delle Asp e delle aziende ospedaliere calabresi. Dunque la responsabilità della “non spesa” è in capo ai Commissari che non sono una espressione della politica regionale ma del commissario ad Acta, ergo del governo nazionale che ha evocato a sé la gestione della emergenza Covid anche per ciò che riguarda la riorganizzazione della rete ospedaliera.
Dovrebbe, dunque, esserci un piano di riorganizzazione?
Esatto un piano varato con enorme ritardo non condiviso con la politica e non adeguato, a questo punto (visto che la Calabria è zona rossa) alle esigenze calabresi. Un piano per il quale il presidente Santelli scrisse la ormai famosa lettera al presidente del consiglio Conte. Lettera che rimase carta morta.
Con questo certamente non si può affermare che la sanità in Calabria è tra le migliori al mondo, sarebbe da irresponsabili, tant’è che anche il presidente Santelli lanciò il grido d’allarme sullo stato malato della nostra sanità.
Le domande al governo nazionale
Ma se questi sono i numeri ufficiali viene spontaneo chiedere al governo nazionale e al ministro della Salute, Roberto Speranza:
1. A fronte di parametri abbondantemente al di sotto delle soglie di criticità perchè la Calabria è zona rossa?
2. Se la rete ospedaliera, con tutti i suoi problemi atavici e serissimi, continua a rientrare negli standard della formula matematica adottata per classificare le regioni, vuol dire che il governo non si fida dei medici calabresi? Ovvero li considera tanto scarsi da non essere in grado di curare le persone?
3. Perché nessuno del governo ha, per onestà intellettuale ammesso che effettivamente il commissariamento è un fallimento visto che c’è da 11 anni e che la gestione commissariale ha determinato la scelta di considerare la Calabria come regione in fascia rossa?
4. Perché quando i calabresi per curarsi in periodo pre-covid dovevano andare negli ospedali del nord, ingrassando le casse delle sanità delle altre regioni il commissario ad Acta non ha posto un freno organizzando la sanità calabrese in modo tale che ci si potesse curare in “casa prorpria”?
5. Potrebbe essere che tutto questo sia una presa di posizione del governo Conte, più che emergenziale, politica legata a ritardare il piú possibile le elezioni regionali in Calabria?
Sarebbe utile conoscere le risposte a queste domande che tutte le persone di buon senso, ossia coloro che non si lasciano ingannare dai social, dagli slogan, dai Coup de théâtre, hanno in mente. Questo perché la realtà virtuale, quella che si vuole imporre è una cosa, la realtà, quella vera, è un’altra.