L’uomo, la bestia e la virtù

Analisi di una crisi di governo studiata e annuncia

di Francesca Straticò

E’ questo il titolo di una commedia di Pirandello. Un capolavoro d’indagine sulla natura degli esseri umani. Un’analisi crudele ed impietosa, timidamente addolcita da toni umoristici. La riflessione sugli accadimenti politici degli ultimi giorni, mi ha riportato alla mente questa commedia ed il suo acuto approfondimento del gioco tra le maschere e la realtà. Questa crisi di governo, annunciata, studiata, voluta e realizzata è, come il suo esito, terribilmente prevedibile e drammaticamente in linea con la caratura degli attori. E’ una crisi strumentale e strumentalmente attuata con finalità tutt’altro che nobili. Ne “L’uomo, la bestia e la virtù” Pirandello disintegra il velo rassicurante delle convenzioni sociali dettate dall’educazione, dai rituali e dall’appartenenza a contesti sui quali risultava impudente gettare sospetto, e punta il faro sull’aspetto farsesco delle ambizioni che governano gli uomini. Così come nella commedia pirandelliana, in questa crisi, gli impulsi e le pulsioni più meschine ed egoistiche vengono travestite da finta eticità e prostituite per il mantenimento di equilibri comodi, funzionali e, purtroppo per noi, fini a se stessi. Nella tragicommedia politica di questi giorni abbiamo assistito alla rinuncia alla dignità nascosta dietro ragioni fittizie ed inconsistenti, al rimescolamento delle maschere diventate intercambiabili e fungibili le une alle altre, fino a dissipare i confini tra coloro che conservano qualità umane, coloro che celebrano la virtù e coloro che perseguono meramente bassi istinti di prevaricazione. E’ il paradosso borghese quello che si ripropone in questa finta oligarchia. Una oligarchia politica senza potere e meramente asservita a veri poteri che ne consentono e controllano la vigenza. Fa sorridere il candore di coloro che prendono le distanze solo dai cambi di casacca, solo dai palesi tradimenti concretizzati con un si o un no in violazione delle direttive del partito.

Fa sorridere perché il tradimento presuppone un vincolo, il vincolo presuppone una scelta ed una scelta presuppone capacità, discernimento, volontà ed adesione. Niente di tutto questo, non nella politica delle occasioni e della sistemazione. Fa sorridere perché l’aspettativa di fedeltà politica non tiene conto del fatto che, la maggior parte della odierna rappresentanza, è caratterizzata da totale assenza di ideologia e finanche di idee e di pensiero. Perché l’aspettativa di fedeltà politica non tiene conto della qualità media degli attuali membri del Governo e del Parlamento, rappresentati per lo più da miracolati del consenso telematico, accomodati in ruoli per i quali non erano né preparati, né formati e per i quali non hanno dimostrato alcuna attitudine. Fa sorridere perché questa aspettativa non tiene conto della ferocia con la quale la mediocrità difende le posizioni che sa di non meritare. Abbiamo un Premier non eletto che passa, con la leggerezza di una farfalla, dal condividere il Governo con la forze più esasperate della destra sovranista e populista, al condividerlo con i progressisti, senza mai smettere di strizzare l’occhio a chiunque, di qualunque provenienza, mostri interesse al progetto di un suo costituendo partito. Abbiamo una destra che costruisce il proprio consenso su logiche di mera demolizione alimentandolo con la stessa rabbia che fomenta e con l’ignoranza che coltiva. Una destra con troppa mancanza di sintonia interna, per la quale il collante della ipotesi di un prossimo successo elettorale, non è poi così forte da non infrangersi sull’egocentrismo e sulla smania di potere dei suoi protagonisti. Ed abbiamo una sinistra frantumata, litigiosa, polemica, autodistruttiva, retorica ed inefficace che ha tradito il suo ruolo ed i suoi principali obiettivi rendendosi poco credibile e poco affidabile. Una sinistra che naviga a vista, senza rotta e senza abili timonieri. Non può, dunque, e non deve meravigliare che in questo sconcertante scenario, nel quale non trovano spazio né l’etica, né la responsabilità, né la competenza, né il senso del dovere istituzionale, si cerchino appellativi gentili per i traditori, per i mercenari, per i prezzolati che si mettono a disposizione del miglior offerente, che improvvisamente diventano: responsabili, costruttori, volenterosi. Non può neanche meravigliare che si chieda la disponibilità della sfrontatezza di Renzi, per dare un nome ed un colore ad una crisi voluta da tanti e certamente multicolore, diretta ad ottenere scopi ben lontani e molto più consistenti del semplice giro di giostra nelle postazioni più panoramiche del Governo. Non è un caso che Pirandello faccia dire proprio ad uno dei protagonisti de L’uomo, la bestia e la virtù che: “essere civile vuol dire proprio questo, dentro neri come corvi fuori bianchi come colombe, in corpo fiele ed in bocca miele”. Una celebrazione della mistificazione e delle maschere che preferiamo, però, non accogliere come indice di civiltà, preferendo credere che, essere civili non è gestire falsamente le emozioni, semmai gestirle intelligentemente. A proposito di gestione intelligente, dobbiamo dire che una bella immagine, però, questa crisi di Governo ce la lascia, è quella di Liliana Segre, che sfida i suoi novant’anni, il freddo di una giornata invernale ed il Covid-19 per andare in Senato a votare. Lo ha fatto perché crede nell’importanza della democrazia, nel rispetto delle opinioni, nel valore del voto e perché conosce il rischio della privazione della libertà, quello della protervia e del potere malato. Lo ha fatto perché la vita le ha insegnato che per le giuste ragioni si può e si deve rischiare. Il suo ingresso in Senato è stato una nota d’infinita dignità ed eleganza tra rumori stridenti e stonati. Cose di altri tempi? Non di altri tempi, ma di altra qualità! Un bella lezione per tutti.