Coronavirus in Lombardia – Ne parliamo con il Dott. Maurizio Domanin del Policlinico di Milano
Il chirurgo cardiovascolare risponde alle nostre domande
MILANO – L’emergenza Covid19 sta mettendo in ginocchio il mondo. L’Italia come nazione tra le più colpite sta attraversando uno dei periodi più duri dopo la seconda guerra mondiale. Senza ombra di dubbio la regione più colpita è la Lombardia, seguita a ruota dalla Emilia Romagna, ma tutte le regioni hanno i loro contagiati e purtroppo i loro deceduti. Una ecatombe che lascia spazio a poche interpretazioni, si sta combattendo una vera e propria guerra contro un nemico invisibile e ad essere in prima fila sono soprattutto i medici e gli infermieri, ma in generale tutto il comparto sanitario. Ospedali diventati trincee dove si registrano atti eroici da parte degli operatori che ormai sono allo stremo delle forze. Con una curva edipemiologica ancora in fase di studio e con un picco ancora incerto nell’essere raggiunto abbiamo voluto capire come stanno le cose sul campo così abbiamo contattato e intervistato il prof. Maurizio Domanin, tra i più quotati medici chirughi cardiovascolari italiani, molto apprezzato anche all’estero. Domanin presta la sua attività lavorativa al Policlinico di Milano dove si sta combattendo, come in tanti altri ospedali milanesi e lombardi l’invisibile nemico. A lui abbiamo fatto alcune domande per comprendere meglio come è cambiata l’operatività dei medici all’ombra della “Madonnina”.
Prof. Domanin, stiamo assistendo ad una sorte di Apocalisse. Il Covid19 sta mettendo a dura prova il sistema sanitario italiano e di tutto i Paesi del Mondo. Come stanno effettivamente le cose?
La situazione è effettivamente molto grave. Questo nuovo virus ad altissima contagiosità sta veramente mettendo in crisi i Sistemi Sanitari di tutto il mondo. La sua aggressività e soprattutto la sua capacitá di contagiare attraverso soggetti asintomatici e soprattutto non ancora sintomatici, sono le principali cause della sua virulenza. Altro grosso problema è il fatto che i malati più gravi, una volta che occupano i posti in Rianimazione, richiedono molti giorni di cure prima di superare la fase critica.
Si parla di riconversione di interi complessi ospedalieri in centri Covid19. È fondata questa notizia?
Assolutamente vera. Nel nostro ospedale molti reparti sono stati riadattati o spostati per accogliere sempre più malati Covid19+ provenienti dalle tutte le zone critiche della Lombardia. La grande competenza nella gestione di casi con ARDS ha poi reso il nostro Ospedale un avamposto di questa guerra. Oramai buona oarte dei letti sono dedicati a questa nuova patologia.
Lei è un chirurgo vascolare tra i più apprezzati in Italia e all’estero, ci dica come è cambiata la sua attività in questo periodo emergenziale.
Come chirurghi in questa fase possiamo fare relativamente poco. La nostra operatività rimane limitata alle sole emergenze o per i casi gravi non procrastinabili. Siamo peró pur sempre sulla linea del fronte.
Possiamo aiutare i nostri colleghi rianimatori, internisti e infettivologi scaricandoli da alcune incombenze come le attività di guardia o di pronto soccorso.
Ovviamente, come in tutte le guerre, potrebbe essere necessario richiamare in trincea anche le truppe di riserva. In quel caso ci faremo trovare pronti.
Il governo trova difficoltà a reperire medici da arruolare per combattere il Covid19, ma nello stesso tempo si continua a mentenere le facoltà di medicina a numero chiuso. Da medico ritiene sia il caso di cambiare questa regola?
Problema giá critico prima di questa fase. Bisogna anche peró avere una organizzazione accademica pronta a gestire in maniera moderna l’aumentato afflusso di studenti in modo da prepararli in maniera efficace alle difficoltà della professione medica che, purtroppo, in Italia è resa anche più difficile e complessa che nel resto del mondo.
Dalla visione che ha lei dal campo di battaglia, quanto pensa che reggerà il sistema sanitario lombardo?
Incrociamo le dita! Se il Covid sfonda il fronte lombardo la situazione potrebbe veramente volgere al peggio.
È anche vero che l’infezione avanza attraverso la trasmissione e la creazione di focolai. Quindi nessun territorio puó considerarsi indenne anche se lontano. Il virus in un mese si è diffuso dall’allarme in Cina alla Pianura Padana. Nel ‘300 la terribile Peste Bubbonica ci mise anni ad arrivare dall’Asia all’Europa!
È assolutamente fondamentale seguire le raccomandazioni di segregazione evitando, per quanto possibile, i contatti tra le persone.
Cosa ne pensa delle nuove cure sperimentali?
Ci sono tante, troppe fake news sul tema Covid19. Ricordiamoci che la reale efficacia di una terapia deve essere prima validata da test clinici. Aspettiamo quindi le indicazioni di chi si occupa professionalmente di queste cose.
Lo dico da operatore; è triste vedere tanta disinformazione su internet o sui social. Ancora più triste è vedere, come sta accadendo in questo momento, personalità con responsabilità politiche cavalcare bufale senza verifiche a soli scopi elettorali.