INTERVISTA MAN – Giulio Tarro, deleterio accordo per l’acquisto di 400 milioni di dosi di vaccino anti Covid

Siamo tornati a dialogare con il prof. Giulio Tarro. A lui abbiamo chiesto il suo parere sul vaccino covid e sul ritorno pandemico paventato dalla task Force governativa

ROMA – Ormai da più parti provengono pareri che sostengono l’inutilità dei vaccini anti Covid. Pareri di persone autorevoli, scienziati di indiscussa fama mondiale come il prof. Giulio Tarro, già intervistato da noi in tempi non sospetti, in piena pandemia. Ad oggi tutto ciò che il prof. Tarro asseriva sul virus si sono verificate completamente compresa la minor virulenza e la scomparsa con l’approssimarsi della stagione estiva. Siamo tornati ad intervistare il prof. Giulio Tarro e a lui abbiamo posto domande sui vaccini ed in particolare sull’accordo siglato dal ministro della salute, Roberto Speranza, di acquistare, insieme agli altri Stati Europei, 400 milioni di dosi di vaccino che riteniamo inutili e forse anche poco sicuri. Teoria la nostra che trovano conferma nelle risposte dell’emittente scienziato italiano.

Prof. Giulio Tarro

Ormai ci siamo. Gli stati europei e non solo sembrano essere arrivati ad un dunque che porta il nome di “vaccino”. L’Italia è tra i Paesi di testa per l’accordo dell’acquisto di 400 milioni di dosi. Ma è così necessario vaccinarsi per i covid?

«A mio avviso in questo caso oltre che non necessario potrebbe rilevarsi anche deleterio. Nell’affrontare le epidemie, o pandemie che dir si voglia, servono due cose: competenza e ordine, soprattutto nelle vaccinazioni. La soluzione non sarà il vaccino anche perché in questo momento non ce l’abbiamo. Il vaccino, per principio, è un metodo di prevenzione. Quello contro l’Aids lo aspettiamo da 30 anni e non siamo riusciti a trovarlo.
Un virus può mutare in appena cinque giorni. Ripeto in “soli cinque giorni”. Sulla sostanziale differenza del virus presente qui da noi con quello di Wuhan, già a fine febbraio c’era uno studio, riportato anche nella dichiarazione del dottor D’Anna, che evidenziava come ben cinque nucleotidi del ceppo padano risultassero differenti rispetto al ceppo cinese di Wuhan.
Bisogna avere i piedi per terra prima di proporre alcune situazioni. Siamo in presenza di un virus estremamente mutevole. Esistono più versioni del virus ed è per questo motivo che non può esserci un vaccino in grado, come nell’influenza, di metterci al riparo completamente. Difatti, se il virus ha come sembra più varianti, sarà complicato avere un vaccino che funzioni in entrambi i casi, esattamente come avviene per i vaccini antinfluenzali che non coprono tutto, a differenza di quello che si pensa».

Quanto può essere considerato sicuro un vaccino realizzato in così poco tempo?

«Per un vaccino efficace e “privo di rischi” ci vogliono “almeno diciotto mesi”. I vaccini vanno sperimentati: un vaccino “frettoloso” può creare più problemi del Virus. Purtroppo, si sta creando molta confusione. La virologia è una branca che non ammette improvvisazione, che invece regna incontrastata».

Perché secondo lei il protocollo Tsunami sula plasma non è mai partito?

«Perché la plasmaferesi è a costo zero. La natura crea il problema, la natura lo risolve. Non conviene economicamente a nessuno. La plasmaferesi è la prima strada da percorrere dinanzi ai virus sconosciuti. Col tempo si potranno approfondire altre strade. Per ora ciò che conta è far guarire gli ammalati e la plasmaferesi, nei casi più gravi, può rivelarsi un salva vita.
Voglio ricordare che non ci troviamo di fronte a una terapia sperimentale da dover studiare o da concedere in via compassionevole. È una pratica conosciuta da secoli, utilizzata anche da Pasteur nell’Ottocento: si sono sempre prelevate le gammaglobuline dai guariti per curare i malati.
È una terapia che, come molte, presenta rischi ma, francamente, non si capisce proprio perché l’Organizzazione mondiale della sanità – che ne aveva confinato l’utilizzo “solo nel caso di malattie gravi per cui non ci sia un trattamento farmacologico efficace” – non ne abbia suggerito, almeno, la sperimentazione durante questa emergenza Covid19.
Le posso dire che oltre alla sieroterapia, anche l’antimalarico sta dando ottimi risultati».

La Lombardia è la regione più colpita dal Covid. Esiste una correlazione tra il contagio Coronavirus e la vaccinazione sul meningococco portata avanti fino a gennaio 2020 in questa regione?

«Sono sicuro che ci siano delle relazioni. Naturalmente è essenziale svolgere degli studi in merito. Bisogna approfondire, anche se ho i miei dubbi che ciò possa avvenire.
Esiste un famoso lavoro dell’esercito americano – sicuramente non una Predatory Publishers, come alcuni giornali definiscono certe riviste scientifiche di riconosciuta fama da me segnalate- che indica l’aumento del rischio di contrarre il coronavirus del 36% nei soggetti che hanno effettuato il vaccino antinfluenzale. Interessante è anche uno studio della scuola olandese, pubblicato nel 2008, su un’epidemia da pneumococco e da meningococco attivata dal virus dell’influenza e dal virus respiratorio sinciziale.
A Bergamo, il vero epicentro dell’emergenza come sottolineato da più parti, dove si è verificato qualcosa di ingestibile e che francamente ha stupito anche me, che mi trovo a lavorare con epidemie da decenni, c’è stata una richiesta di ben 185mila dosi di antinfluenzale. In concomitanza c’è stata un’endemia da meningococco per cui sono state richieste 34mila dosi. Tutti questi eventi sono sicuramente importanti, specialmente se messi a confronto con quello studio sull’esercito americano e quello olandese sul virus respiratorio sinciziale.
Quindi rivelo ed evidenzio che ci sono con molta probabilità delle associazioni da studiare, indipendentemente dal rapporto cause ed effetto».

Ciò che lei sostiene da tempo si sta avverando. Adesso che il virus è in ritirata si parla di una nuova ondata in autunno. Viene il sospetto che sia per giustificare l’acquisto dei vaccini.

«Mi auguro che prevalga il buon senso. L’Istituto Superiore di Sanità sostiene che ci sarà una seconda ondata in autunno: per loro non è un’ipotesi, ma una certezza. Vorrei chiedere ai dirigenti di questo Istituto in quale cassetto è scomparso lo studio epidemiologico che essi stessi avevano commissionato e difeso, il 30 aprile, in conferenza stampa. Studio che, tra le varie ipotesi, prospettava per giugno qualcosa come 151.000 ricoveri in terapia intensiva.
Sarebbe il caso che l’Iss chiarisca cosa si intenda per seconda ondata in autunno. L’ipotesi che in autunno ci sarà qualche sporadico, nuovo caso di infezione da Sars-Cov-2 è certamente plausibile; ma, se pure ci sarà, e se pure si evolvesse in Covid, potrebbe essere tranquillamente affrontato con le terapie che oggi, a differenza di qualche mese fa, conosciamo.
Il Covid19 potrebbe sparire completamente come la prima SARS, ricomparire come la MERS, ma in maniera localizzata o cosa più probabile diventare stagionale come l’aviaria. Per questo serve una cura più che un vaccino».

Zangrillo parla di un virus clinicamente morto, un virus ormai mutato e adattato all’ospite tale da non essere più pericoloso. Cosa ne pensa?

«Zangrillo ha ragione. A mio avviso il virus clinicamente era morto anche qualche settimana prima delle sue dichiarazioni, almeno qui in Italia. In alcune Regioni, chiuse per mesi, il virus non è mai stato vivo.
Sarei molto più soddisfatto se i tanti che implicitamente ora mi danno ragione, ammettessero anche che, come dicevo io a marzo gli italiani contagiati da Sars-Cov-2 erano già milioni, e non le poche migliaia che annunciava il governo. Se lo ammettessero, sconfessando quello che essi supinamente accettavano forse potrebbero dare un’altra spiegazione dello spegnersi dell’epidemia: e cioè che il virus non trova più persone da infettare, risultando queste immunizzate».

Eppure, seppur in modo ridotto, abbiamo ancora di contagi. 

«È NORMALE CHE I CONTAGI CI SIANO. LA VIREMIA NON SI SPEGNE IN POCHE SETTIMANE. TUTTAVIA, PARLIAMO DI UN VIRUS DECISAMENTE MENO AGGRESSIVO. NULLA CHE POSSA PREOCCUPARCI. IN MOLTI PAESI DEL MONDO IL VIRUS PRESTO SI SPEGNERÀ. MI PREOCCUPEREI PER ALTRO: CRISI ECONOMIA, DIRITTI SOSPESI, ETC. PURTROPPO IN ITALIA ORMAI NON SI FA CHE PARLARE DI CORONAVIRUS, COME SE NON ESISTESSE NIENT’ALTRO».

Quale messaggio vuole mandare agli italiani per affrontare la stagione estiva e in generale la vita nell’era post Covid? 

«Di andare in vacanza. Ce lo meritiamo tutti. Le ferite dell’anima meritano una cura. Oggi l’ansia di una intera popolazione si sta concentrando su come tenersi alla larga da questo maledetto virus. Nessuno o quasi riflette che noi, in ogni momento, siamo immersi in un ambiente saturo di innumerevoli virus, germi e altri agenti potenzialmente patogeni. E in questi giorni, quasi nessuno ci dice che se non ci ammaliamo è grazie al nostro sistema immunitario il quale può essere compromesso, – oltre che da una inadeguata alimentazione e da uno sbagliato stile di vita – dallo stress, che può nascere anche dall’attenzione verso le “notizie” sul Coronavirus regalataci da web e TV».