Covid19 – De Donno: “La sperimentazione Tsunami sul plasma difficilmente vedrà la luce”
In una nostra intervista il prof. De Donno chiarisce alcuni aspetti sugli argomenti più attuali sul Covid19 e lancia un allarme sulla sperimentazione “Tsunami”
Oggi che il peggio sembra essere passato, tendiamo a dimenticare le cose fondamentali scoperte in questo periodo di buio sanitario, ed ossia le scoperte scientifiche che dovrebbero consentirci di affrontare il futuro con maggiore tranquillità. Nel corso del periodo emergenziale abbiamo ascoltato le parole di diversi uomini di scienza che hanno proposto cure importanti che hanno suscitato anche grande scalpore dopo essere state sdoganate da una campagna ostativa da parte di molti appartenenti alla task Force governativa. In particolare la voce fuori dal coro divenuta dirompente è stata quella del prof. Giuseppe De Donno, con il quale abbiamo dialogato sulla cura Covid19 avviata attraverso il plasma iperimmune. Ma che fine ha fatto l’intera sperimentazione e quali evoluzioni ci sono su questo argomento. Siamo tornati ad interrogare il prof. De Donno che ha risposto cosi alle nostre domande.
Prof. De Donno, partiamo da come sta rispondendo la terapia del plasma. Che novità ci sono in termini di guariti?
La terapia con plasma del paziente convalescente da COVID19 oramai è stata sdoganata. Un recente editoriale pubblicato su Jama il 3 giugno scorso a firma di Arturo Casadevall, afferma che il plasma del paziente convalescente è un segnale di potenziale beneficio sulla sopravvivenza nel sottogruppo di pazienti con malattia da Coronavirus grave, soprattutto grazie all’azione antivirale del plasma iperimmune. Questo trattamento, oramai, come si evince da numerosi studi, negativizza precocemente i tamponi naso-faringei, riduce l’ospedalizzazione di circa 5 giorni e riduce anche la mortalità.
Si era parlato delle sperimentazione Tsunami, quella di Pisa per intenderci. Perché non si sa nulla?
Se i pazienti vengono arruolati secondo i criteri del protocollo Mantova-Pavia, la analisi statistica evidenzia un incremento significativo della sopravvivenza; ogni 10 pazienti si riesce a salvare una vita. Dalla nostra analisi, infatti, la riduzione statistica assoluta del rischio è dell’8,5% mentre quella relativa è del 56%. Quindi potenzialmente, su numero di decessi, avremmo potuto evitare molto più di 3000 morti.
C’è un boicottaggio in atto?
Il Protocollo Tsunami difficilmente vedrà la luce nella sua fine, a meno che non vi sia una ulteriore ondata di patologia. Al momento, infatti, mancano i pazienti arruolabili. Per fortuna.
Scoperto l’arcano sul plasma industriale lei pensa che l’attenzione si sia spostata sui vaccini?
La questione “vaccini” è sempre molto delicata. Al momento non vi sono vaccini in arrivo. Io non sono un esperto di “vaccini” e non sono pregiudizialmente contrario. Ritengo però che debba essere provata la vera efficacia del vaccino, la sua sicurezza e la reale necessità.
Ci dia un suo parere sul Covid19. È d’accordo sulle dichiarazioni di Zangrillo sulla morte clinica del virus?
Creare eccessivo allarmismo nell’era dei social può diventare un boomerang. Questa pandemia, poi, è piena di incertezze. Ora per fortuna i casi gravi sono in calo; lo dimostrano i bassi numeri nelle terapie intensive e nelle terapie semintensive. Questo, per me, deve essere il vero parametro di gravità della pandemia. Poi, se i dati sono veri, come credo che sia, il virus circola ancora tra noi. Alcuni virologi dicono abbia perso virulenza e che si sia adattato all’ospite. Altri studiosi, come Fauci, sostengono l’opposto. Io credo, tuttavia, che bisogna mandare segnali chiari alla popolazione. E anche segnali di speranza. Tornare progressivamente alla vita normale, certo, con un po’ di attenzione. E allora vinceremo. Credo che il messaggio che voleva lanciare il Professor Zangrillo fosse anche questo.