Elezioni Umbria, debacle Pd-M5S. E adesso in Calabria?
Zingaretti in fase di riflessione. Di Maio potrebbe non trovare conveniente una nuova alleanza con il Pd
PERUGIA – Elezioni, questa brutta bestia. Ad ogni tornata elettorale c’è chi piange e c’è chi ride, parliamo naturalmente dei politici che si inventano di volta in volta formule e alleanze che la gente, spesso e volentieri, stenta a capire. È il caso del voto in Umbria dove la coalizione tanto voluta da Zingaretti e Di Maio ha dato risultati a dir poco disastrosi. Sull’entusiasmo dell’accordo di governo, i due leader di Pd e M5S hanno tentato la sortita elettorale in una regione storicamente rossa (quindi si giocava in casa) con un risultato a dir poco tramortente. Ma guardiamo nel dettaglio il voto degli umbri. Iniziamo con il dire che vi è stato un aumento dell’affluenza alle urne. A votare è stato il 64,66% degli aventi diritto. Altro dato non da poco conto, anzi da ritenersi più importante è che la leghista, Donatella Tesei, ha vinto col 57,55 % lasciando il suo maggiore competitor Vincenzo Bianconi (Pd-M5S) al 37,49%, con un distacco di oltre 20 punti percentuali. Questo di per sé è un dato del tutto nuovo e innovativo per la regione Umbria che da quando sono state istituite le Regioni, ossia dal 1970, è sempre stata governata da partiti di sinistra o centrosinistra. Ed a proposito di partiti vediamoli i risultati da questi conseguiti: Il PD arriva al 22,4% (sotto la soglia del 24% delle ultime europee), il M5S crolla al 7,4%; la Meloni con FdI cresce fino al 10,4% doppiando FI che non va oltre il 5,47%. Ma il dato che fa riflettere maggiormente è il 37,5% conquistato da Salvini che in sostanza eguaglia il risultato conquistato in Umbria nelle ultime elezioni europee. Basterebbero questi dati per fermarsi su un’analisi che emerge senza difficoltà dai soli numeri, ma il dato dell’Umbria non è fine a se stesso perché da qui a qualche settimana o mese vi saranno nuove prove elettorali come la Toscana e l’Emilia Romagna, ma più ravvicinato vi è il voto in Calabria. Ed allora esaminiamo la situazione in Calabria. Come è ormai noto Zingaretti, Oddati e Graziano, rispettivamente segretario nazionale, responsabile area sud e commissario regionale del PD hanno praticamente sbattuto la porta in faccia al governatore Mario Oliverio che in più occasioni ha teso la mano a questo trio che invece di ragionare su una possibilità concreta di unità ha preferito inseguire il M5S e aspettare fiducioso il voto in Umbria. Ecco, il voto in Umbria è arrivato e adesso? Adesso sono “volatili per diabetici” direbbe il buon Lino Banfi. Oliverio e la sua coalizione (quasi tutto il centrosinistra) ormai è proiettata ad una battaglia elettorale senza il Pd. C’è da scoprire solo la data delle elezioni che i più accreditati suppongono sia il 15 dicembre. Ma vediamo quale tenuta possa avere l’asse Di Maio-Zingaretti in Calabria dopo la débâcle umbra. Già la situazione non era per nulla semplice prima del voto ma adesso sembra essere del tutto disastrosa. Facciamo una breve cronistoria: In Calabria la base M5S (meet-up) a gran voce aveva detto di NO a un accordo con il Pd; a questi si erano uniti anche alcuni parlamentari pentastellati calabresi tra i quali Dalila Nesci che non solo aveva rifiutato l’idea di un accordo con i democrat ma aveva lanciato la sua candidatura a presidente della Regione Calabria. Nonostante questi rifiuti il trio Zingaretti-Oddati-Graziano non ha fatto una piega tirando dritto per la propria strada, supportati da un più timido Di Maio che comunque un po’ di retta alla base la deve dare. Dopo panegirici il duo Di Maio-Zingaretti partoriscono l’idea Pippo Callipo presidente. Pensiero che non è piaciuto praticamente a nessuno soprattutto alla Nesci che ha risposto per le rime: “potrei decidere di mettermi da parte ma solo se c’è in campo un candidato di garanzia che non può essere Pippo Callipo” (leggi articolo). Da questa dichiarazione il nulla. Tutti hanno preferito aspettare le elezioni in Umbria. Adesso le elezioni ci sono state e la situazione sembra essersi ingarbugliata ancor di più. Proviamo a spiegare il perché con delle ipotesi concrete. Partiamo con il dire che sia PD che M5S hanno perso, ma quelli a pagare il prezzo più alto sono stati i pentastellati, segno che l’alleanza con i democrat non è affatto piaciuta. A questo punto cosa deciderà di fare Di Maio in Calabria? Anche se sul blog dei cinquestelle, due ore dopo la diffusione dei dati elettorali, si leggeva: “L’esperimento non ha funzionato”, le soluzioni rimangono due. Presentarsi alle elezioni da soli con un proprio candidato presidente che forse gli farebbe riconquistare la base delusa, oppure continuare a farsi corteggiare da Zingaretti, anche lui in fase di riflessione. Per Di Maio dare il placet all’asse Pd-M5S anche in Calabria significherebbe affrontare il rischio di una sconfitta ancor più cocente rispetto a quella Umbra. Mettiamoci un attimo nei panni dei pentastellati. Quale beneficio potrebbero trarre da una alleanza con Zingaretti in Calabria? Guardando il dato umbro avrebbero tutto da perdere, soprattutto alleandosi con un partito, il Pd, che di fatto è rimasto senza base. Se la scelta del M5S dovesse essere quella della corsa solitaria, magari con liste civiche d’appoggio, la situazione per Zingaretti-Graziano-Oddati in Calabria sarebbe davvero drammatica. In pratica rimarrebbero del tutto isolati senza arte e ne parte con Renzi pronto a prendersi una nuova rivincita in terra calabra. Eppure non era molto difficile da comprendere che quest’asse di governo non poteva essere riproposto sic et simpliciter in tutti i territori da cui giungevano segnali di valutazione negativi. Lo avrebbe capito anche un ragazzino. Allora viene da pensare che più che una scelta politica, quella di abbandonare Oliverio, sia stata una scelta personale dettata da attriti tra la direzione nazionale e la presidenza della regione. Ma in politica non si può fare “Muoia Sansone e tutti i Filistei” perché a subirne le conseguenze sono i cittadini. A questo punto l’unica alternativa per Zingaretti dovrebbe essere quella di ritornare nell’alveo naturale del Centrosinistra e appoggiare la candidatura di Mario Oliverio. Non vi sarebbe nulla di strano se ciò avvenisse e non vi sarebbe nulla di strano se Zingaretti, Oddati, Graziano e lo stesso Oliverio si sedessero attorno ad un tavolo per smussare gli angoli e avviare un percorso comune coinvolgendo magari chi per una ragione o per un’altra è rimasto ai margini della politica regionale. In fondo la Leopolda calabrese ancora non si è consumata, ma il tempo è davvero poco.