La sanità calabrese, il dramma, la realtà e il coraggio

Guardare la punta dell’iceberg facendo finta di cosa esso nasconde sotto il pelo dell’acqua è un comportamento che non aiuta a risolvere il problema più discusso in Calabria

CALABRIA – La situazione sanitaria in Calabria è allarmante! Ma lo scopriamo solo oggi? È davvero incredibile che per scoprire che la sanità calabrese sia tra le peggiori dell’emisfero settentrionale ci si è dovuti appellare alla SARS-CoV-2. In Calabria come in tutta Italia si è provveduto a tagliare la sanità in modo indiscriminato, a chiudere ospedali, eliminare posti di terapie intensive, a tentare di declassere gli ospedali in casa della salute, a eliminare in modo indiscriminato interi reparti. (dovremmo aprire un capitolo a parte che potrebbe essere utile solo a chi ha la memoria corta in merito ai protagonisti e le circostanze)

Oggi la Calabria si affida a Gino Strada che per quanto se ne possa dire è uno che di emergenza medica se ne intende, e non poco. Dire che Strada si affiderà agli ospedali da campo è dire una corbelleria. Gli ospedali da campo Strada li utilizzava in Africa durante Ebola, ma non dimentichiamo che ne ha costruito, grazie ad Emergency, anche molti. È chiaro che se la sua azione dovesse essere quella di riempire la Calabria di ospedali da campo e utilizzare la sanità militare, avrebbe fallito in partenza.

Oggi si assiste ad una grande approssimazione sia da parte di chi urla, da chi scrive inutili lettere, fa populistici appelli e sia da parte di chi ha il compito prende delle decisioni. Sono ormai troppe in Calabria le posizioni  ondivaghe che prima inducono a chiedere che alcuni presidi ospedalieri vengano identificati come Covid, successivamente urlare il contrario per poi ritornare alla idea iniziale.
Uno stato confusionale che ha mandato e manda nel pallone i tanti Commissari Asp calabresi che si sono succeduti ed attualmente orfani di una guida regionale per colpa dell’imbarazzante balletto delle nomine e delle dimissioni dei Commissari ad Acta voluti dal governo nazionale.

Una confusione che inevitabilmente coinvolge i cittadini che oltre alla paura e ai problemi affrontati a causa del covid cercano di capire, spesso vanamente dove sta il vero problema.
È chiaro che occorre mettere un punto a tutto questo e analizzare la situazione sulla base di dati certi. Da mesi ormai affermiamo che il vero problema è aver convogliato tutta l’emergenza covid negli Hub che è ciò che avviene non solo in Calabria ma in tutta Italia. Era chiaro sin dal principio che con il tipico “effetto imbuto” la macchina si sarebbe inceppata. Non ci vogliono doti manageriali per capirlo. Esistono presidi ospedalieri, chiusi e aperti, sul territorio calabrese e devono essere utilizzati facendo una chiara distinzione tra quali dovranno essere identificati come covid e chi non lo sarà. Le strutture ci sono e vanno utilizzate e il problema è risolto sul nascere.

Non servono le sopracitate capacità manageriali per capire che la promiscuità porta solo ad altri contagi.
Occorre capire dove allocare le terapie intensive covid, e quelle no-covid. Occorre capire quali presidi hanno i requisiti e quelli che non ce l’hanno. Sono regole basilari che non necessitano di super manager per capirle.

È chiaro che la situazione in Calabria oggi debba seguire due vie diverse: quella della gestione della emergenza (riorganizzazione rete ospedaliera) e quella del risanamento dei conti. Il coraggio si dimostra con azioni concrete. Il coraggio si dimostra ad esempio chiedendo perché nell’Asp di Locri non vi siano bilanci da decenni (tanto per intenderci l’ultimo era stato Franco Fortugno, uomo e politico coraggioso). Non abbiamo sentito nessuno chiedere a gran voce i nomi dei responsabili dei buchi nell’Asp di Locri e di quelle calabresi; non li abbiamo visti fare in quei luoghi sopralluoghi o portare carte in procura. Ecco, sarebbe utile fare queste denunce, ma non a parole, con atti forti e coraggiosi perché i problemi della sanità partono proprio da queste cose. Non si può guardare la punta dell’iceberg ed ignorare ciò che esso nasconde sotto il mare.

Il coraggio dovrebbe partire proprio da queste cose. Oppure vogliamo davvero credere che il problema principale della sanità calabrese è rappresentato dalla mancanza di posti letto o di posti di terapia intensiva? Se vogliamo credere a questo siamo liberi di farlo, ma è chiaro che non facciamo una bella pubblicità alle nostre intelligenze.

A questo punto ci starebbe bene un Post Scriptum da inserire alla nostra disamina. Se non si assumono per l’emergenza sanitaria medici, infermieri, e personale sanitario in genere, a tempo indeterminato il problema non si risolverà. Chiedetelo ai primari dei reparti di rianimazione degli Hub calabresi e vedrete che risposta riceverete.
Buona sanità a tutti.