“L‘Essere” soccombe “sull’Apparire” ma alla fine prevarrà
Viviamo un una società dove le teorie vengono considerate valide se passano attraverso personaggi della TV o attraverso i social
Viviamo davvero in un Paese strano. Forse è il caso dire in una società globale molto strana. Sí, perché ormai il mare del qualunquismo su cui stiamo navigando sta portando alla deriva tutti quanti noi. La nostra società, e non ci stancheremo mai di affermarlo, ha ormai prediletto “l’apparire” e non “l’essere”, le due facce di due medaglie completamente diverse verso le quali la scelta è ormai compiuta. L’uomo attuale ha ormai scelto quale deve essere, ovvero, quella che deve essere considerata in corso di validità per soddisfare le frustrazioni provocare dalla pochezza e dal vuoto delle coscienze collettive. Oggi viviamo in una società dove è privilegiata sempre e comunque la via più breve, ossia la spettacolarizzazione inconsistente offerta da TV e social-media che sono i mezzi ormai più usati per soggiogare le masse e consolidare teorie appositamente impacchettate ad arte per il raggiungimento di fini specifici di cui gli ignari spettatori non sospettano neppure l’esistenza. Quello che sorprende è come le persone, in modo così incosciente, sposino addirittura tesi prive di ogni fondamento difendendo fino allo stremo delle forze, avversando teorie serie basate su dati scientifici e concreti. Viviamo in un’epoca nella quale su fatti di una certa rilevanza, come può essere la lotta al Covid19, si dia più credito a ciò che dice la Barbara D’Urso di turno piuttosto che ad uno scienziato stimato dalla comunità scientifica internazionale.
È una società strana perché la scelta ricade sempre sulla via più semplice, perché vi è una sorta di riluttanza nell’utilizzare l’intelletto per analizzare, valutare e approfondire i concetti che ci vengono spiattellati tra un balletto, una canzone e una storia dalle sfumature rosa. Attratti da quest’ultime, forse perché la stragrande maggioranza delle persone sogna di essere al posto di quel cantante, di quell’attore o di quel presentatore televisivo, si rinuncia a liberare la capacità valutativa insita nell’essere umano. Ecco che in tal modo teorie palesemente sconcludenti e prive di ogni fondamento prevalgono su quelle scientificamente ineccepibili. Capita allora che medici alle prime armi o comunque alla base della piramide del sistema sanitario siano più credibili di ricercatori e scienziati seri e coscienzioso che passano la loro esistenza a studiare cure che possano migliorare la nostra esistenza e curare le nostre malattie; che improvvisati giornalisti privi alcun titolo professionale tentino di passare come maggiormente credibili di appartenenti a questa categoria professionale, appoggiandosi sul politico di turno; che lavoratori onesti e scrupolosi siano scavalcati da quelli più furbi e “leccaculo” e così via. Questa è la società che abbiamo costruito. Una società che spera nell’assitenzialiamo sfrenato e non in quello socialmente necessario; una società che non si rende conto che si sta costruendo una “nuova normalità” che presuppone il ridisegno delle regole democratiche; una società che dopo il “ventennio fascista” prende per buona l’idea di assumere una milizia formata da 60 mila “assistenti civici” a cui sarà demandato il compito di dirci cosa o non cosa fare; come o non come comportarci; con la speranza che non ci impongano cosa o non cosa possiamo dire. Da più parti prima della pandemia si era nutrita la speranza che lo “strano morbo” fosse una opportunità offerta per volontà divina per rivedere il nostro modo di vivere e dare importanza a ciò che merita di essere considerato importante, ma alla luce di quanto visto, quella che è apparsa come una speranza di cambiamento si è trasformata in un declino irreversibile. Lo spiraglio di luce esiste ancora ed è rappresentato dalle persone che non vogliono arrendersi, che ragionano, che non si lasciano manipolare da messaggi subliminali e attrarre dalla voglia di diventare il divo di turno, da coloro che grazie al proprio intelletto non soffrono di frustrazioni interiori che si tenta di nascondere accodandosi alla massa. Queste persone, quelle che usano la parte migliore del genere umano: “l’essere” rappresentano la parte migliore e fondamentale della società. Esse nell’immediato potranno anche esser schernite ma alla lunga anche i negletti non pensanti dovranno piegarsi difronte all’evidenza di quella che la vera realtà. Dunque alla fine, per quanto impegno becero questa negletta società possa metterci, “l’essere” prevarrà “sull’apparire”.