Quanto bene ci vuole l’Europa ai tempi del Coronavirus
Riflessioni che sorgono obbligate in questo periodo complicato per la nostra Nazione.
di Mimmo Abramo
Da sempre, ossia da quando è nata l’UE la classe politica italiana e non solo si è divisa in europeisti convinti, europeisti tiepidi e anti europeisti. La tesi a sostegno delle convinzioni parte da un solo minimo Comun denominatore “la convenienza economica e sociale” di agganciarsi a regole extra-territoriali che alla fine hanno una ricaduta sulla vita quotidiana dei cittadini. Senza menzionare la Svizzera che per il suo potere bancario assume solo benefici dall’UE svincolandosi dai lacci e lacciuoli delle direttive e imposizioni comunitarie, stiamo assistendo ormai da tempo ad una sorta di “dietro front” da parte di chi l’UE l’ha fondata, da chi vi è entrato successivamente e da chi avrebbe voluto entrarvi ma alla fine sembrerebbe ripensarci. Un esempio su tutti l’Inghilterra.
L’emergenza Coronavirus in Italia sta mettendo a nudo il rapporto che il nostro Paese sta avendo ormai da decenni nei confronti dell’Europa (leggasi Germania e Francia). Un rapporto di sudditanza economica che ha costretto i vari governi succedutesi nel tempo, senza distinzione di colore politico, concretizzarsi con manovre che sono state definite in più di una occasione di “Lacrime e Sangue”. Senza voler ergersi a economisti di fama internazionale o addirittura storici, ma solo attraverso l’approfondimento di principi economici frutto dello studio dei padri della economia Europei (Smith, Hegel ecc.) si noterà come questi siano stati invertiti e manopolizzati a piacimento da chi tutt’ora detiene le sorti economiche e sociali del vecchio continente.
Tanto per fare un esempio. I grandi economisti e filosofi del passato appena citati hanno mostrato con modelli economici incontrovertibili che in momenti di recessione occorre una politica monetaria espansiva e che per contenere una eccessiva inflazione e svalutazione di beni e servizi in momenti di eccessiva espansione economica occorre mettere un freno con una politica monetaria restrittiva. Il tutto per raggiungere quel famoso punto di equilibrio che consentirebbe a tutti benessere e equità economica e sociale.
Facciamo un esempio figurato. Immaginiamo un’automobile che per viaggiare a condizioni ottimali deve mantenere una velocità costante di 100 km/h. Questa è la nostra economia. Se la macchina per una ragione, ad esempio una salita, dovesse rallentare (periodo recessione) sarà necessario dare più gas (politica monetaria espansiva) per far mantenere costante la velocità. Al contrario se ci si dovesse trovare in discesa (periodo di eccessiva espansione economica) per evitare che l’automobile vada molto più veloce dei 100 km/h (punto di equilibrio) occorre ridurre il gas e forse premere leggermente il freno. Fatto questo esempio molto semplice e rapportandolo a quanto è accaduto in tutti questi anni in Italia in periodi di recessione a cui invece di “accelerare” si è poggiato il piede sul freno si capisce bene che qualcosa non torna. O meglio, non torna per i i cittadini ma torna sicuramente per i grandi manovratori della finanza europea e internazionale (leggi USA) che fanno affari soprattutto in periodi di recessione ad esempio comprando titoli svalutati a poco prezzo per poi rivenderli ad un prezzo più alto quando si deciderà che l’economia dovrà avere una ripresa. Questo singolo esempio, ma ve ne sono altri mille, si chiama speculazione. Questa famosa parola che sentiamo senza renderci conto di cosa sia effettivamente ma che ingrassa il patrimonio dei pochi eletti facenti parte di club o ghota in circolazione nel “vecchio continente”. Ora detto questo la domanda è: quanto potrà importare “all’Europa” della difficoltà che gli italiani stanno vivendo in questo momento? Nulla! O meglio, nulla relativamente alla condizione degli italiani, ma molto dal punto di vista speculativo. La borsa di Milano ieri ha perso oltre il 16% il che significa che molti titoli sono andati giù nelle valutazioni e indovinate da chi sono stati acquistati in attesa di un rialzo del loro valore? La risposta è semplice e questa volta la lascio a voi.
Ma andiamo al presidente della repubblica, Sergio Mattarella che queste cose le conosce benissimo. Il capo dello stato ieri non ha potuto fare a meno di strigliare l’UE. Va bene utilizzare l’Italia come un supermarket ma questa volta c’è di mezzo la salute degli italiani. Ecco le sue dichiarazioni: “L’Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per tutti i Paesi dell’Unione Europea. Si attende quindi, a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione“. In parole povere il capo dello stato ha voluto dire: “cara Europa, o meglio, cari pochi signori che giornate l’Europa, finora vi abbiamo fatto fare quello che avete voluto, ma adesso cercate almeno si salvare le apparenze e veniteci in soccorso. Almeno questo ce lo dovete”. Invece, gli aiuti arrivano dalla Cina. Arrivano supporti tecnici e medici esperti. Arrivano per quel famoso trattato Italia/Cina, ad ampio spettro denominato le vie della Seta. Cosa occorre dire a tal proposito? Che i cinesi per lo meno rispettano i patti e “l’amicizia con l’Italia” e questo fa paura non solo agli Usa (vedi esercitazione Defender Europe 20) ma anche all’UE perché quando tutto questa emergenza sarà finita (speriamo al più presto) gli italiani potrebbero avere un attimo di risveglio e pensare che forse stare in Europa non conviene affatto. Forse, come da più tempo sostiene qualcuno, finirebbero le “lacrime e sangue” e forse davvero l’Italia svincolata dall’UE sarebbe la quarta potenza economica mondiale. Forse una meditazione andrebbe fatta.